In occasione dell’uscita del libro Fibromialgia: una sfida quotidiana, abbiamo pensato di porre alcune domande a due delle autrici, le nutrizioniste Sara Giannini e Martina Toschi, per capire meglio che relazione ci sia tra questa patologia e la nutrizione.
Nel libro, acquistabile QUI, si adotta un approccio alla malattia innovativo perché la fibromialgia viene trattata non come un unicum, ma nelle sue sottocategorie. Sebbene sia necessaria un’attenzione all’alimentazione da parte di tutti i malati di fibromialgia, non esiste una “dieta ideale”, ma vanno create tante diete personalizzate. Da qui l’importanza di confrontarsi con nutrizionisti specializzati, come le autrici del nostro libro. Noi l’abbiamo fatto attraverso l’intervista di seguito:
Come nutrizioniste, avete avuto modo di interfacciarvi in più occasioni con malati fibromialgici. Che cos’è la fibromialgia?
La fibromialgia è una patologia multifattoriale e per questo estremamente difficile da trattare. Si presenta con dolore cronico diffuso e la diagnosi avviene sempre ad opera del medico specialista reumatologo. Spesso è associata ad altri disturbi più o meno importanti, come disbiosi intestinale, disturbi del sonno, fibro fog, depressione, sindrome metabolica, autoimmunità; per questo l’approccio integrato risulta essere sempre la scelta clinica migliore.
All’interno del libro Fibromialgia: una sfida quotidiana si spiega come non esista un unico tipo di fibromialgia, ma ben cinque. Qual è il più sensibile alla dieta?
Esatto, esistono più forme di fibromialgia e prima che alcune pubblicazioni scientifiche lo confermassero, nella nostra pratica clinica lo avevamo già intuito proprio perché alcuni pazienti rispondono benissimo alla dieta e hanno un rapido miglioramento dei sintomi, mentre per altri la situazione è più complessa e la sola dieta non è sufficiente. Le forme di fibromialgia che rispondono meglio alla dieta sono quella infiammatoria e quella neuroendocrina con disbiosi intestinale, in particolar modo se associata a sovrappeso e obesità.
Nel vostro libro si legge che ben il 70% dei malati di fibromialgia soffre anche di sindrome dell’intestino irritabile, da qui l’importanza di una dieta corretta. Perché questa correlazione?
Perché il microbiota intestinale, poco considerato sino a qualche anno fa, è ora implicato direttamente in tutta una serie di condizioni patologiche, tra cui la fibromialgia. Sintomo di un microbiota alterato sono proprio problematiche intestinali come la sindrome dell’intestino irritabile. Il fatto che il 70% delle persone fibromialgiche soffra anche di intestino irritabile è la conferma del legame esistente tra disbiosi e patologia.
Non esiste una dieta ideale per la fibromialgia. Ma, in linea di massima, cosa è meglio evitare di consumare? E perché?
Esatto non esiste la dieta ideale ma tante diete cucite su misura. Se parliamo in linea generale, è indispensabile adottare specifiche scelte nutrizionali che abbiano perlomeno l’obiettivo di non peggiorare lo stato infiammatorio. Limitare tutti i cibi preconfezionati, per esempio, ricchi di zuccheri e grassi trans; tutti gli alimenti ad alto indice glicemico e insulinemico, perché responsabili di un forte impatto sia sui livelli di infiammazione che sul microbiota intestinale. Meglio scegliere alimenti autoprodotti, di qualità, non raffinati, alimenti ricchi di fibre prebiotiche e comunque cibi che nutrano il corpo e non forniscano esclusivamente energia senza apportare nutrimento.
Alla fine del vostro libro, c’è un capitolo dedicato alle ricette. Ce ne consigliate una in particolare?
Abbiamo pensato di affiancare alla teoria anche le ricette proprio per far capire come la dieta non sia solo una limitazione ma vada interpretata e arricchita con i cibi corretti senza rinunciare al gusto.
Vi consigliamo in particolare lo “Strudel salato con ripieno di zucca” (scopri QUI la ricetta). Si tratta di una ricetta particolare e sfiziosa, a basso indice glicemico, senza lattosio e antinfiammatoria. Ottima per un pranzo, comodissima per la lunch box da portare al lavoro.