Zazen per tutti: cos’è e come si pratica

Zazen è la meditazione zen di base; è estremamente semplice da svolgere. Non importa quale sia il proprio credo o pensiero, chiunque può praticare lo zazen.

Per praticarlo ci si siede semplicemente con la schiena dritta, su una sedia, un cuscino o una panca da meditazione, prestando attenzione alla postura, alla respirazione e alla mente. Se si usa la sedia è preferibile tenere le piante dei piedi appoggiate al pavimento e sedersi sul sedile senza il sostegno dello schienale, se è possibile.
Se si usa un cuscino da meditazione, bisogna tenere presente che ne esistono molti tipi. Uno dei più tradizionali è il cuscino zen Sōtō rotondo e imbottito di crusca di grano saraceno o kapok. Sul cuscino le gambe si piegano in diverse posizioni:

  • loto o mezzo loto (con entrambi i piedi o un piede solo in grembo);
  • burmese (i piedi incrociati uno davanti all’altro sul pavimento o materassino);
  • a caviglie incrociate (posizione più facile, ma meno solidamente ancorata a terra);

Una volta capito quale è il modo migliore di tenere le gambe, ci si siede, con la schiena dritta, sul cuscino o sulla sedia. Ricordate che allungarsi ed estendere la colonna vertebrale è importante per favorire la consapevolezza vigile: rilassarsi troppo può portare infatti a sonnolenza!

Bisogna trovare una postura verticale equilibrata. La sensazione è quella del “lasciarsi sollevare dal di dentro“, evitando di imporsi una postura rigida e permettendo invece al corpo di venire sollevato. Per fare ciò, è utile ruotare delicatamente il bacino in avanti, in modo che la parte bassa della schiena si inarchi leggermente verso l’interno. La sommità della testa deve essere libera di salire verso il cielo, le spalle sono allineate e la zona del cuore è aperta. Si chiude il mento in modo da allungare le vertebre del collo.

Ora bisogna porre attenzione alle altre parti del corpo. La classica posizione zen delle mani (mudra) è con il palmo sinistro sopra il palmo destro, leggermente curvati, tenuti in grembo con le punte dei pollici che si sfiorano. Le braccia lungo i fianchi sono rilassate, né rigide né contratte. Mani e braccia formano un ovale.

Passiamo quindi ad osservare la respirazione, con la pancia che si solleva e si abbassa. Non è necessario respirare in modo speciale, basta essere consapevoli della respirazione naturale: l’aria entra, esce, la pancia si solleva, si abbassa. Prestando attenzione il nostro respiro diventerà più lento e profondo.

In sostanza, spiega il monaco buddista zen Norman Fischer, zazen significa rimanere seduti con la sensazione primaria di essere vivi. Sentirsi vivi significa respirare, essere presenti, consapevoli. Naturalmente quando si pratica lo zazen accadono molte cose: pensieri, sensazioni fisiche, emozioni, ricordi, sogni, disagi. Nulla di tutto questo è un errore o un problema. La cosa importante è riportare l’attenzione al respiro e al corpo non appena ci si accorge di essersene dimenticati.

Lo Zen è anche famoso per un uso speciale di questa pratica di base, secondo uno stile zazen che riguarda la contemplazione di un koan, cioè una storia, una frase o un argomento zen. Ci si concentra sull’oggetto, senza ignorarlo ma nemmeno aggrappandosi ai pensieri e alle speculazioni, finché non viene ridotto alla sua essenza. L’attenzione all’oggetto sfocia infine nella liberazione e nell’intuizione.

Spesso l’approccio alla pratica buddista zen può risultare difficoltoso. Il libro “Cos’è lo ZEN? Domande e risposte per curiosi e principianti” può essere d’aiuto per tutti coloro che cercano un’introduzione semplice a questo mondo. Un dialogo tra Norman Fischer, monaco buddista zen, e la giornalista Susan Moon, maestra laica della tradizione Soto Zen.