Quando ci si trova a vivere in prima persona la malattia oncologica, uno dei primi sentimenti che si prova è una forte e indicibile rabbia. Il tumore irrompe come uno tsunami nella vita di chi lo subisce e di tutte le persone che ci vivono attorno. Cambia gli equilibri, le gerarchie e le priorità di una famiglia, obbligando spesso a rivedere in modo sostanziale la propria esistenza.
Ciascuno reagisce a suo modo e mette in atto dei comportamenti per cercare di far fronte a questo periodo. A volte queste reazioni sono utili, in altri casi invece peggiorano la situazione e conducono a una sofferenza ulteriore.
Una delle reazioni più frequenti è la rabbia, innescata dalla sensazione di aver subìto una ingiustizia. La rabbia deve essere stemperata perché rischia di diventare dannosa, come un veleno che a poco a poco intossica chi la porta dentro.
Esistono varie strategie per canalizzare la rabbia adatte anche alla malattia oncologica. Lo psicologo Efrem Sabatti ce ne consiglia tre.
Le lettere
Per gestire la rabbia può essere molto efficace scrivere delle vere e proprie “lettere di rabbia”.
L’ideale è scrivere di getto, evitando di prestare troppa attenzione alla forma, agli errori e alle ripetizioni. Si può scrivere rivolgendosi a una singola persona, a un gruppo di persone, alla malattia stessa, alla sfortuna, a un’entità soprannaturale, insomma a tutto ciò che in quel momento rappresenta il nostro bersaglio.
Tutto deve uscire con un fiume in piena, fino a quando non si sente che tutta la rabbia è sfumata. Una volta terminata la scrittura arrabbiata, il foglio deve essere distrutto senza essere riletto.
Lo scopo infatti è far uscire tutta la rabbia repressa e rileggere il foglio potrebbe impedirci di raggiungere il risultato.
Il pulpito
Questa tecnica è molto utile quando la persona non ama particolarmente scrivere. Lo scopo è sostanzialmente lo stesso delle lettere di rabbia: permettere alla rabbia di fluire, anziché tentare di reprimerla.
In questo caso è però necessario che la persona possa sfogarsi con qualcuno ed è assolutamente fondamentale che la persona che accetta di stare di fronte sia disposta a evitare di intervenire in alcun modo: nessuna risposta, nessuna domanda, nessuna obiezione.
Chi accetta di aiutare deve rimanere in silenzio e rimanere semplicemente ad ascoltare per tutto il tempo, ovvero per 30 minuti esatti. Per rendere efficace il pulpito si deve infatti essere disposti ad accettare alcune regole:
- La persona che deve sfogarsi si metterà in piedi, di fronte all’altro che resterà seduto in silenzio;
- Si programmerà una sveglia che suonerà esattamente 30 minuti più tardi;
- Dal momento in cui si comincia ad esprimere la rabbia e il risentimento si dovrà restare in piedi e continuare fino alla fine dei 30 minuti (anche se si finisce prima, bisogna rimanere fermi fino al suono del timer).
Questa tecnica è efficace per due motivi. Innanzitutto con un tempo così lungo la rabbia viene indebolita e diluita: è molto difficile infatti rimanere arrabbiati a comando per un tempo così lungo, di solito è più frequente arrabbiarsi per pochi minuti a più riprese. Il secondo aspetto importante riguarda il fatto che non avendo di fronte una persona che risponde, la rabbia finisce molto prima perché non c’è il contradditorio.
Il pungiball
Molto spesso la necessità di scaricare la rabbia è una questione puramente fisica. Non è consigliabile sfogare la rabbia in modo totalmente libero e selvaggio, perché questo potrebbe essere dannoso o provocare lesioni a sé o ad altre persone.
Uno strumento estremamente adatto può essere un cuscino o comunque un oggetto morbido in grado di assorbire anche colpi violenti: una sorta di pungiball. Anche in questo caso è bene che la persona si dedichi a sfogare la propria rabbia per un tempo di 30 minuti: una volta iniziato è bene non smettere e dedicare l’intera mezz’ora a questa attività.
Al tempo stesso è molto importante evitare di scaricare la rabbia durante il giorno, rimandando all’appuntamento con il pungiball.
Abbiamo visto come è possibile scaricare la rabbia durante la malattia oncologica; il grande problema della rabbia è che tende a essere istintiva, immediata e breve, come un fulmine che si scarica a terra in modo molto violento in pochi istanti. La persona difficilmente riuscirà ad averne il controllo, a meno che non impari a canalizzarla con opportune strategie, come ad esempio quelle appena proposte.
“Vivere la malattia oncologica. Dalla parte del paziente: un aiuto efficace e pratico con la psiconcologia” è il nuovo libro scritto dallo psicologo e psicoterapeuta Efrem Sabatti. Obiettivo del libro è proporre strategie e soluzioni efficaci per aiutare i lettori ad affrontare nel miglior modo possibile la malattia o chi la sta attraversando. Un aiuto psicologico che in molti casi può fare la differenza e aiutarci a superare periodi bui e difficili della nostra vita.