In occasione dell’uscita del nostro libro Conoscere e vincere l’artrite reumatoide, abbiamo deciso di porre alcune domande alla terapista occupazionale Bianca Maria Petrucci, per capire quali siano le difficoltà che può riscontrare una malato di artrite reumatoide a tavola e come sia possibile dargli aiuto.
Lei è una terapista occupazionale. In cosa consiste il suo lavoro?
L’obiettivo principale della terapia occupazionale è rendere le persone capaci di partecipare alle attività della vita quotidiana, utilizzando le stesse come mezzo terapeutico.
Nello specifico, il Terapista Occupazionale è chiamato a valutare le abilità del malato di AR durante le attività quotidiane, aiutarlo a programmare le stesse e a gestire gli effetti della malattia, pianificando un intervento personalizzato per modificare i movimenti e renderli meno stressanti per le articolazioni.
Cosa dovrebbero fare i malati di artrite reumatoide per convivere al meglio con la malattia?
La persona a cui viene diagnosticata l’AR dovrebbe essere informata, supportata e preparata ad affrontare la malattia non solo con l’uso di farmaci ma anche nel pensare a uno stile di vita diverso.
È necessario imparare a gestire le proprie forze, attuare movimenti che siano meno dannosi e organizzare la vita in funzione del proprio malessere.
La rigidità articolare e la fatica possono essere molto fastidiose. Pertanto, è essenziale avvalersi del terapista occupazionale per la pianificazione e l’aggiustamento delle attività, ma anche per discutere delle difficoltà incontrate per trovare soluzioni che permettano di raggiungere il maggior grado possibile di autonomia.
L’artrite reumatoide può portare ad avere difficoltà con le più semplici attività quotidiane. Tra queste, il pranzo. Quali sono i maggiori ostacoli che riscontra un malato nel momento del pranzo?
Per esplicitare meglio la complessità del pasto per un malato di AR, basta considerare la quantità di movimenti che sono necessari: quelli del braccio, per portare la posata in bocca, che richiedono la stabilità della spalla, la flessione ed estensione del gomito per verticalizzare l’avambraccio, la prono/supinazione dell’avambraccio, la stabilità del polso, la flessione dell’articolazione mecarpo-falangea e delle dita che tengono il manico della posata.
Inoltre, è vero che la presa delle dita è diversa in relazione al tipo di posata e all’abitudine di ogni individuo, ma la posizione della mano è sempre in inclinazione ulnare, il che favorisce la deformità. Questa situazione peggiora quando si tiene in mano un manico molto piccolo e sottile, quando si taglia il cibo, quando si prende il cibo dal piatto o quando si apre una bottiglia.
Attraverso quali strumenti è possibile aiutare questi malati nel momento del pranzo?
Anzitutto, è necessario che ogni persona valuti l’assetto del tavolo e della sedia in funzione della propria struttura corporea e della presenza della malattia agli arti inferiori. In genere, se la sedia ha un sedile più alto, si ha meno difficoltà ad alzarsi e ci si siede con minore stress ai piedi, alle ginocchia e alle anche. Per alleviare la fatica, si dovrebbe appoggiare il braccio sul piano del tavolo e tutti gli oggetti dovrebbero essere facilmente afferrabili.
Per cui, è bene avere:
- Posate con manici ingrossati che, tenuti in una cilindrica, permettano l’allineamento radiale della mano, limitandone la deformità.
- Bicchieri e tazze con manici ingrossati per facilitare la presa oppure fare da supporto alla mano.
- Ausili specifici (come supporti di gomma a cupola, a forma di schiaccianoci, etc.) per afferrare, ruotare e aprire i tappi delle bottiglie.
Tuttavia, tali strumenti non sono né facilmente trovabili né economici. Ci vuole spiegare il perché?
Semplicemente perché gli ausili per la persona che non siano supporti tecnici per il bagno e/o per la mobilizzazione non sono prodotti in Italia. Le posaterie e gli ausili per la cucina sono prodotti in altri Paesi europei; perciò, sono più difficili da procurare e hanno costi a volte molto alti.
Questa scarsa diffusione fa sì che l’utilità di questi ausili sia poco conosciuta. Perciò, sarebbe utile che le persone con AR possano sperimentare tali strumenti presso un centro di riabilitazione od altrove, dove possano realizzare quanto facilitino il movimento e creino meno stress articolare.
Questa “prova pratica” potrebbe essere funzionale anche a scegliere, di tanti ausili, il più adatto in base ai movimenti residui, al dolore provato, all’affaticabilità e così via.
L’autore: Bianca Maria Petrucci
Laureata in Terapia Occupazionale, è docente a contratto del Corso di Laurea in Terapia Occupazionale presso l’Università Statale di Milano. Attualmente, vive in Inghilterra.
Con Tecniche Nuove Spa ha pubblicato, oltre a Conoscere e vincere l’artrite reumatoide, acquistabile QUI, anche altri tre volumi: Guida al Parkinson, Invecchiare in salute a casa e Guida all’Alzheimer e altre demenze. Potete trovare tutti i suoi libri QUI.