La vita di Bert Hellinger è certamente ricca di esperienze ed avvenimenti che hanno contribuito a plasmarne la personalità.
Nella sua autobiografia, Bert Helliger ripercorre i momenti più importanti della sua vita e qui vi proponiamo quello che certamente è stato un momento di svolta.
La fase decisiva nella vita di Bert Hellinger
[…] “Agli inizi del 1946 entrai come novizio nel convento dei missionari Mariannhiller a Würzburg. Qui si trovava anche il seminario sacerdotale dell’ordine. Ricevetti come nome religioso Suitbert, che nella forma abbreviata di Bert mantenni per il resto della mia vita.
Santo Suitbert era un missionario anglosassone, monaco benedettino e vescovo errante, che sembra essere vissuto dal 637 al 713 – anche se le ipotesi sulla data di nascita e di morte differiscono. Nel 690 sembra sia arrivato in Frisia. La sua opera missionaria dava buoni esiti nella regione del Brukterer tra Lippe e Ruhr. Nel 710 a Kaiserswerth, nelle vicinanze di Düsseldorf, fondò un monastero del quale rimase abate, in grande ascetismo, fino alla sua morte. Cento anni più tardi, Papa Leone III lo proclamò santo. A me piacque che questo santo avesse svolto il suo ministero non molto lontano da quella che per molti anni fu la mia città: Colonia. Che fosse anche il santo protettore contro il mal di gola, era piuttosto irrilevante per me.
Perché avevo scelto di fare il missionario dei Mariannhiller? Dopo l’orrore della guerra, dopo tanta vita passata faccia a faccia con la morte e la costante paura di essere ucciso – forse desideravo semplicemente riallacciarmi a quello che fino ad allora era stato il periodo più bello della mia vita, rimuovere gli anni del terrore e dimenticarli. I miei anni più felici sono stati quelli della mia vita in convitto nell’Aloysianum sotto la protezione dei Padri missionari del Mariannhill. Mi sentivo ancora profondamente legato a loro. E il mio desiderio di diventare sacerdote era rimasto immutato fin dalla mia infanzia.
[…] A qualcuno può sembrare strano che io a 20 anni abbia intrapreso questo cammino, ma la mia generazione non è paragonabile a quelle che ci hanno succeduto. Attraverso guerra e prigionia avevamo vissuto quello che normalmente accade a un settantenne o a un ottantenne: la morte di molte persone a noi care. Compagni di guerra e vecchi compagni di scuola – in molti erano morti. Ovunque si spandeva l’odore di morte. Quasi tutti gli amici – che nel ricordo erano giovani, forti e gioiosi – erano scomparsi per sempre. Questo ci ha segnato e lasciato tracce profonde nella nostra anima. Eravamo invecchiati precocemente, per così dire.
Quando penso al mio periodo di noviziato mi riempio di gratitudine. Questo modo di vivere è stato molto prezioso per me. La mia anima, protetta dalla vita monastica, è guarita: le immagini della guerra e della morte in parte persero il loro potere e la paura di un pericolo imminente si arrestò dietro le mura di una profonda pace e serenità interiore.
Contemplazione e quiete da allora sono state parte della mia vita – ancora oggi. Le meditazioni scandiscono l’inizio e la fine della mia giornata. Prima, quando vivevo a casa, alle cinque del mattino finiva il riposo notturno. Dalle sette e mezza del mattino fino alle sette di sera stavo seduto alla mia scrivania, facendo pausa unicamente per pranzare e cenare. Oggi, a causa della mia età, mi permetto di alzarmi alle sei di mattina. Mi ritiro per le mie meditazioni fino alle nove del mattino. Dopo la colazione, saluto i collaboratori del nostro ufficio e con mia moglie Sophie organizziamo il da farsi. Poi medito nuovamente fino all’ora di pranzo, all’una, e nuovamente dalle cinque fino alle sei di sera.
Dopo il periodo di noviziato decisi di entrare a far parte della confraternita e proferii il mio Profess temporale. Si tratta di una promessa che inizialmente consiste in un legame di tre anni con la comunità religiosa. Si promette di vivere in povertà, castità e ubbidienza. Ebbe così inizio la mia formazione all’interno della confraternita. Mi iscrissi all’Università di Würzburg alla facoltà di teologia e filosofia. La mattina, dopo aver meditato e pregato all’interno della confraternita assistevo alle lezioni e ai seminari dell’Università.
Nel 1950 proferii il Profess eterno, con il quale sarei stato legato alla congregazione dei missionari di Mariannhill per il resto della mia vita. Nel 1952 fui ordinato sacerdote. L’anno successivo fui invitato alla diocesi di Mariannhill in Sudafrica. Sarei voluto rimanere lì fino alla mia morte. Le cose invece andarono in tutt’altro modo”.
Tratto da “La mia vita, le mie opere”, l’autobiografia di Bert Hellinger.
Dal 23 gennaio 2020 disponibile online e in tutte le librerie.